A più di 50 anni dalla sua prima descrizione l’idrocefalo normoteso rimane una patologia sommersa. Persino medici specialisti come neurologi, geriatri e neurochirurghi non conoscono la malattia. Questa ignoranza porta un gran numero di pazienti affetti da IN ad essere erroneamente diagnosticati come pazienti affetti da malattia di Alzheimer. Da qui nasce la lunga sofferenza del paziente e della sua famiglia. Spesso indirizzati ai centri UVA (Unità Valutazione Alzheimer) ipazienti con idrocefalo normoteso finiscono con lo sperimentare, senza alcun successo, diversi trattamenti farmacologici che spesso contribuiscono a renderli ancora più incapaci a partecipare in senso positivo alla loro malattia e incapaci di esprimere perplessità in merito al trattamento ricevuto.
Talvolta rassegnati al loro destino, i pazienti ed i loro parenti, solo casualmente si avvicinano alla corretta diagnosi grazie alla conoscenza diretta di qualche altro paziente, incontrato presso il centro UVA e poi perso di vista perché trattato correttamente per idrocefalo normoteso e non per Alzheimer, in altra sede.
E’oggigiorno da considerarsi fortunati quanto ci si affida alle cure di un medico “sensibilizzato” nei confronti dell’idrocefalo normoteso, un medico che nella sua esperienza ha potuto già notare quanto unsemplice intervento di derivazione ventricolo-peritoneale può caratterizzare inmaniera “sorprendente” il ritorno ad una vita normale di quel paziente che oltre al disturbo cognitivo presentava una difficoltà alla deambulazione e riferiva di non riuscire a trattenere le urine nonostante l’assunzione della cosiddetta “terapia per la prostata”.
Sempre più spesso gli anziani pazienti vengono aiutati e guidati nella gestione della loro malattia dai giovani nipoti, profondi conoscitori della
comunicazione on-line che, non rassegnati, cercano sui vari motori di ricerca, le possibili soluzioni della malattia del loro caro. Purtroppo guidati dalla diagnosi errata spesso ricercano soluzioni alla malattia di Alzheimer e finiscono con il ritrovarsi in siti dedicati che, prospettando l’irreversibilità della malattia, invitano alla partecipazione a protocolli di trattamento che ad oggi si sono dimostrati inefficaci. Solo ripartendo da capo, mettendo in discussione la diagnosi di Alzheimer e inserendo le parole chiave “demenza”, “trattamento”, “reversibilità” si riesce ad arrivare a questa misteriosa patologia: l’idrocefalo normoteso.
E’ sorprendente notare come sui diversi portali dedicati alla malattia di Alzheimer non siano mai citate le cosiddette malattie che rientrano nella diagnosi differenziale, cioè quelle malattie che presentano segni e disturbi simili alla malattia di Alzheimer ma che riconoscono una eziopatogenesi diversa e diverso inoltre trattamento.
Arrivare in ritardo ad una diagnosi corretta vuol direspesso nono poter trarre alcun vantaggio dal trattamento chirurgico. La persistenza della dilatazione ventricolare con la conseguente ischemia del parenchima periventricolare e l’atrofia cerebrale caratterizzano la neurodegenerazione che rende anche l’idrocefalo normoteso, nel tempo, una patologia a decorso ingravescente e irreversibile proprio come la malattia di Alzheimer. La mancanza di miglioramento clinico, a tal punto, indotto dalla deliquorazione eseguita come test per valutare la reversibilità della malattia, induce il medico non competente, a dire al suo paziente: “ Te l’avevo detto io, …è Alzheimer!”.